Lungo Mare di Pietra Ligure, Domenica 2 Ottobre 2011, ore 10.00: sotto un cielo privo di nuvole e con un clima estivo, parte la prima edizione della Granfondo di Pietra Ligure, che proprio primissima non è, ma quest'anno la società organizzatrice è la Loabikers, che tanto fa rimpiangere il Pegaso Team. Più di 400 sorridenti partenti, dei quali ben pochi resteranno sorridenti a fine gara, vuoi per la durezza del percorso, vuoi per le pecche organizzative. 97 Km e circa 2.000 metri di dislivello complessivo. Del Bici Camogli tre esponenti, tre fuori di testa: Io, Roberto Risicato e Gianluca Maneggia. Io parto in seconda griglia, mentre Roberto e Gianluca sono in terza griglia, circa 100-150 posizioni dietro di me. La partenza, 16Km di pianura fino a Spotorno, è più calma del previsto, resa più sicura e regolare dalla quasi totale mancanza delle odiatissime rotatorie. Si viaggia tra i 40 e i 50 all'ora senza grossi strappi ed è un piacere. Il paesaggio è quanto di meglio si possa desiderare. Varigotti, Noli, scorci mozzafiato, gallerie scavate nella roccia a picco sul mare, ed eccoci entrare a Spotorno, dove sapevo sarebbe iniziata la prima salita. Si svolta a sinistra ed eccoci all'imbocco dell'ascesa: "Le Manie". Nemmeno a dirlo, carburazione lenta e nei primi tratti di salita rimpiango di non avere gli specchietti retrovisori per schivare agevolmente l'orda di esagitati che risale posizioni con rapporti che difficilmente si usano in pianura. Per fortuna "l'urlo" dei loro cardiofrequenzimetri impazziti mi avverte. Forse in mezzo ai rivoli di sudore sul mio viso scende anche una lacrimuccia. Passa il primo km di salita e accanto a me ritrovo un Roberto sorridente. Mi faccio coraggio e seguo il suo passo. Scollino poco distante da lui, ma in discesa lo raggiungo. La prima rogna di giornata è alle spalle. Si scende a freni tirati per due motivi: la discesa è davvero brutta e il panorama è davvero strepitoso. Credo che sia la prima volta che provo il desiderio di fermarmi in discesa anzichè in salita. Non per la fatica, ma per godermi il panorama.
Finita la discesa a Final Pia, facciamo la bellezza di cento metri di pianura e la strada inizia di nuovo a salire, prima dolcemente e giusto quando ci abituiamo a quella pendenza non proibitiva ci troviamo davanti una rampa al 18%. Roberto improvvisa uno slalom tra i ciclisti che sembrano birilli, io faccio finta di non essere riuscito a svincolarmi da loro e in quel lungo 18% è un piacere vederlo scatenato. Roberto ha la capacità di impostare una velocità in salita e tenerla ad ogni variazione di pendenza... sembra che abbia la bici piena di elio.
Fortuna vuole che l'elio non giochi a suo favore in discesa e grazie anche a qualche chiletto in più e un pò di sana imprudenza in curva, lo riprendo appena la pendenza diventa negativa. In discesa facciamo un giro stranissimo che non ho assolutamente capito e ci ritroviamo su uno degli altri versanti delle Manie. Pazienza, stringiamo i denti e ci godremo di nuovo il panorama in discesa. Questa volta io e Roberto procediamo appaiati fino alla fine della salita e... ma non doveva esserci il ristoro? Con quel caldo la borraccia sembra bucata e questi spostano il ristoro? Doveva essere qui. Sarà poco più in la. Ai piedi della quarta salita l'acqua scarseggia a tutti e ogni volta che vediamo un cartello giallo qualcuno urla "Ristoroooooo".Si vede benissimo che non c'è scritto Ristoro, ma ci speriamo ogni volta fino all'ultimo metro, anche nel palese errore di lettura. Fortunatamente un gruppo di ciclisti spettatori ci rincuora dicendo che lo troveremo alla fine della salita che stiamo percorrendo, "è tra appena 6Km", dicono e le prime rampe non ci piacciono affatto! Roberto continua a sfidare la forza di gravità e nei tratti più duri mantiene sempre la stessa andatura. Io intanto spremo la borraccia per recuperare le ultime gocce di acqua e, metro dopo metro, vediamo un cartello giallo. Questo è quello giusto, dice "Ristoro - 500 metri". Questa volta sento proprio la lacrimuccia che scende, ma evapora subito. Vedo Roberto fermarsi al banco e riempire la borraccia di sublime acqua fresca. Io faccio altrettanto, ma già che ci sono mangio anche una banana e una sottospecie di merendina che non capisco se mi piaccia o meno, ma non importa, le energie iniziano a scemare e vanno ripristinate. Sono felice e rincuorato, ma guardo il computerino e mi accorgo che abbiamo percorso 70 Km senza nessuno che ci desse da bere. Temperatura estiva, salite totalmente esposte al sole e andiamo al risparmio di acqua? Per lo meno che avvisino per tempo. Si scende veloce dopo il ristoro, per poi risalire. Possibile che di pianura proprio non ce ne sia più?
Ma oltre alla pianura è sparito anche qualcos'altro: il personale agli incroci. Per strada non c'è anima viva e spesso i cartelli di direzione non sono proprio del tutto visibili. La penultima ascesa credo che sia la salita di Eze. Poco importa, è come al solito una porzione di strada che succhia energie. Anche Roberto inizia ad essere stanco ed accusare la forza di gravità. Siamo quasi alla fine e procediamo con la consapevolezza che ogni metro ci avvicina al traguardo. Passa anche questa, ma ci aspetta il peggio, si chiama Melogno! Il Melogno è l'ultima, ma è anche la peggiore. Più di 6 km tosti tosti. Io e Roberto procediamo appaiati, ma decisi più che mai a chiudere quel capitolo. Tutta la salita e' sotto il sole. Lungo il ciglio della strada alcuni ciclisti si fermano esausti, una ragazza finisce nuovamente le scorte idriche, noi spegniamo il cervello. La salita sembra non finire mai, ma incredibilmente, metro dopo metro, anche lei finisce. Siamo all'85esimo km e possiamo davvero reputare finita anche questa granfondo. Ci aspettano ora 12 Km di appagante discesa, che scorrono velocissimi fino al traguardo. Raggiungiamo in pochissimo il lungo mare e lo vediamo ad un passo da noi, più splendente di quando siamo partiti, lo striscione di Arrivo, reso ancor più bello dal poterlo superare insieme ad un amico come Roberto.
Fabio Galifi in griglia prima della partenza
Ed ecco il dopo gara: felici ma stanchi, ora ci starebbe proprio bene qualcosa di fresco da bere e una bella doccia. Al posto del chiosco di bevande ci sono tre erogatori di sali minerali. Io e Roberto riusciamo a berne un paio di bicchieri, ma siamo agli sgoccioli e le scorte scarseggiano. Qualche cassa di acqua è chiedere troppo? Dietro di noi devono ancora arrivare un bel po' di ciclisti. Nel frattempo ricevo la chiamata di Gianluca, che purtroppo ha dovuto abbandonare la competizione per un lieve malessere lungo l'ultima ascesa. Per fortuna nulla di grave, ma non è mai piacevole dover mettere il piede a terra, specie quando, come nel suo caso, di persone alle spalle se ne hanno ancora molte. Sappiamo però che prossimamente si riprenderà la sua rivincita e arrivare dov'è arrivato oggi è già un bel traguardo. Mi avvio intanto verso le docce e mai mi sarei aspettato un servizio così singolare. Sono quelle in dotazione alla spiaggia libera accanto al traguardo. Due misere docce, per fortuna chiuse in una piccola struttura in muratura, per più di 400 ciclisti e per i bagnanti. Niente appendi abiti all'interno e niente miscelatore della temperatura. Stiamo rasentando il ridicolo e le lamentele non sono poche. Me la cavo con quaranta minuti di coda. Il pranzo invece e' gestito dagli Alpini, per cui sappiamo di non trovare brutte sorprese. Penne al sugo o al pesto, arrosto e crostata.
Gianluca Maneggia e Roberto Risicato prima della partenza
Tutto piuttosto buono, servizio veloce e gli alpini danno sempre una nota di colore e simpatia. Nonostante gli strepitosi paesaggi offerti dal territorio, la manifestazione non è stata proprio impeccabile .
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